Alluvioni, esondazioni e frane. Non servono i finanziamenti a pioggia

Durante un question time a risposta immediata, sulle misure per l’adattamento ai cambiamenti climatici e gli interventi per la bonifica dei siti contaminati, ho posto una serie di domande al Ministro dell’ambiente Galletti. Qui di seguito il testo del mio intervento:

I cambiamenti climatici aggravati anche da politiche scellerate in materia di energia fossile stanno mettendo seriamente a repentaglio la vita di milioni di cittadini. I cambiamenti climatici sono una realtà accertata ed il ministero dell’ambiente ne prende atto visto che parliamo di misure di adeguamento. Ministro dica ai suoi colleghi che ne prendano atto anche loro e si inizino ad adeguare a questa realtà cogente magari intervenendo anche sui trasporti e sull’energia.

Nubifragi alluvioni e frane sono ormai diventate un fenomeno costante e diffuso su tutto il territorio nazionale la cui gravità è stata riconosciuta dallo stesso Governo che ha istituito una specifica unità di missione sul dissesto idrogeologico.

La struttura avrebbe il compito di coordinare l’attuazione degli interventi già previsti negli accordi di Programma con le regioni per spendere le risorse che le regioni ed i commissari straordinari non sono stati in grado di fare negli anni addietro. Infatti, non si tratta di spendere nuove risorse ma solo di riuscire a spendere quelle già stanziate pari a circa 3,5 miliardi di euro. Già questo è desolante e manifesta l’incapacità di tradurre le parole in fatti di chi ha governato questo paese negli ultimi, e non solo, anni.

Siamo sicuri di spendere bene le risorse? Prima di pensare ad interventi massivi, tipo quello che si è fatto a Sarno per intenderci, non sarà il caso di verificare che gli interventi che volete realizzare massimizzino il rapporto tra riduzione del rischio (espresso in superficie o ancora meglio in abitanti interessati) e la spesa? Sa ministro si tratta di efficientare la spesa non di spendere e basta perché in un periodo di limitatezza di risorse dobbiamo spendere bene.

Proprio nell’ottica di spendere bene forse prima di spendere per la realizzazione di grandi vasche di laminazione sarà opportuno prevedere all’adeguamento delle sezioni dei fiumi magari semplicemente facendo rispettare il regio decreto 523 del 1904 facendo quindi abbattere tutto il costruito nei 10 metri dalle sponde.

Coordinate gli interventi strutturali piani di protezione civile a livello comunale e di bacino che mediante misure di pioggia e di portata idrica (modello afflusso-deflusso) possa impedire la perdita di vite umane con sistemi di allerta. Costa poco e produce molto. Efficacia della spesa sig. ministro.

Si chiede dunque di sapere:

se si provvederà a dare priorità agli interventi che massimizzano il rapporto vite salvate/spesa.

Se verranno coordinati con la protezione civile interventi per la messa in campo di un sistema di monitoraggio ed allerta delle popolazioni interessate da alluvioni che possano evitare la perdita di vite umane anche nei bacini non sottoposti ad interventi di riduzione del rischio idrogeologico.

se il ministero intenda intervenire per l’adeguamento delle sezioni dei fiumi restituendo al regio decreto 523 del 1904 la sua funzione di salvaguardia

E qui la risposta del Ministro:

GALLETTI, ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, intanto voglio ringraziare tutti i senatori interroganti perché mi permettono di affrontare un tema assolutamente centrale nell’agenda di questo Governo. Le domande sono molto complesse e non so se nei dieci minuti che mi sono concessi riuscirò a rispondere a tutte.

Ritengo comunque necessaria una premessa ad ogni ragionamento: i cambiamenti climatici rappresentano una questione da affrontare con estrema serietà. Alcuni di voi l’hanno detto in maniera forte. Noi siamo stati abituati a considerare i cambiamenti climatici come un problema dei nipoti dei nostri nipoti. Questo – oggi lo sappiamo perché i dati scientifici ce lo dicono – è un problema nostro e dei nostri figli, e questo ci impone di affrontarlo con estrema serietà.

Voi sapete che i dati scientifici che abbiamo disponibili confermano che il nostro Paese è particolarmente vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici sia relativamente a quelli in atto, sia, soprattutto, per quelli attesi nei prossimi anni. Questi impatti, com’è noto, producono effetti negativi su tutti i sistemi ambientali e socioeconomici, quindi sono destinati, come dicevo prima, a un inasprimento nei prossimi anni.

Per reagire e preparare il Paese ad affrontare questi impatti con l’obiettivo di aumentare la resilienza dei sistemi naturali e socioeconomici, è stato svolto un articolato e complesso lavoro di coordinamento, che inizia nel febbraio 2012 con il coinvolgimento di tutta la comunità scientifica per l’acquisizione dei dati e delle informazioni necessarie per individuare gli impatti, la vulnerabilità e la criticità. Esso rappresenta il primo passo per un percorso più ampio e condiviso per la regolazione di un quadro strategico a livello nazionale in grado di analizzare gli impatti e fornire un insieme di misure di adattamento in vista di una futura pianificazione. È stato fatto uno screening di tutte le informazioni necessarie per affrontare questo tema.

In ragione della quantità e rilevanza delle informazioni così acquisite, nonché della complessità del tema dell’impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi naturali e socioeconomici, si è successivamente proceduto ad istituire un tavolo tecnico-scientifico e un tavolo di lavoro istituzionale, nell’ambito dei quali è stata garantita la partecipazione del mondo scientifico, di tutti i Ministeri competenti e delle rappresentanze delle Regioni e degli altri territoriali.

La prima elaborazione è stata la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, avvenuta nell’ottobre 2013; è stata successivamente aperta alla consultazione pubblica per acquisire il parere e i suggerimenti di tutti gli stakeholder attraverso incontri specifici e consultazioni online.

Proprio lo scorso luglio, a seguito della raccolta di tutte le osservazioni, è stata elaborata la sua versione conclusiva che, portata all’esame della Conferenza unificata, è stata esaminata in sede tecnica il 23 settembre, in vista di una formale adozione che dovrebbe avvenire entro il corrente mese di ottobre. Quindi entro i prossimi giorni noi saremo in grado di adottare in maniera definitiva la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Penso che questo sia un passaggio molto importante per prepararci alle azioni concrete che dovremmo fare nel prossimo periodo.

In particolare, ricordo che l’obiettivo della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è di contribuire a rendere il Paese più resiliente agli impatti del cambiamento climatico, coerentemente con quanto indicato dalla strategia europea di adattamento al cambiamento climatico e dalla piattaforma realizzata dall’Agenzia europea per l’ambiente.

Come hanno ricordato molti degli intervenuti, uno dei nostri problemi che si inquadra nel climate change, ossia nei cambiamenti climatici, è proprio quello del dissesto idrogeologico. Non a caso l’attenzione del Governo a questo tema è stata prioritario fin dalla prima seduta del Consiglio dei Ministri. In quella sede abbiamo fatto una cabina di regia, che capisco possa essere considerata solo un elemento tecnico, ma è invece un elemento politico di priorità su quell’argomento. Stiamo lavorando su questo tema.

Ci sono risorse non spese per problemi in parte di Patto di stabilità, in parte per una normativa troppo difficile da applicare; l’abbiamo semplificata, la stiamo semplificando e credo che entro fine anno parte di quelle risorse, che erano bloccate, riusciremo a sbloccarle.

Sono sufficienti? Assolutamente no. Dobbiamo lavorare per avere ancora più risorse e spenderle. Ha ragione chi ha parlato di benefici e di interventi. Dunque, bisogna spendere le risorse e spenderle bene. Occorre predisporre un piano nazionale sul dissesto idrogeologico e lavorare in prevenzione e non solo in emergenza. Credo che i fondi europei di coesione territoriale dovranno essere destinati proprio agli interventi contro il dissesto idrogeologico, che rappresenta una vera emergenza del nostro Paese. Ricordo che dall’inizio dell’anno sono morte delle persone a causa del dissesto idrogeologico. Ogni volta che muore una persona a causa del dissesto idrogeologico è un dramma per il Paese.

Pertanto dobbiamo riuscire ad intervenire in modo forte al riguardo, come stiamo facendo.

Nell’ambito degli impegni definiti in sede europea, il nostro Paese è stato impegnato concretamente anche con politiche e misure per la riduzione delle emissioni. Molto è stato fatto anche se in questo caso c’è ancora tanto da fare, potenziando e ottimizzando gli strumenti attivi sia sul fronte dell’efficienza che delle fonti rinnovabili.

L’incidenza delle fonti rinnovabili sui consumi finali di elettricità oggi è di circa il 30 per cento, un livello che sino a poco tempo fa si sperava di raggiungere solo nel 2020.

Nel 2012 la realizzazione dei pertinenti impianti ha attivato investimenti per circa 13 miliardi di euro e ha garantito lavoro a circa 140.000 persone; la manutenzione degli stessi impianti muove, a sua volta, circa 3 miliardi di euro all’anno e coinvolge 53.000 occupati. Questo è il più bel dato per evidenziare che il fatto di intervenire ed investire sull’ambiente significa investire sull’occupazione e sulla crescita del Paese. L’ambiente non è il nemico della crescita e dell’occupazione del Paese, ma è il suo migliore amico. Il mio Ministero è il migliore amico del Ministero dello sviluppo economico e di quello delle Politiche agricole, alimentari e forestali: io non posso fare senza di loro e loro non possono fare senza di noi. La green economy, come dimostrano questi dati, è l’unico settore che durante la crisi ha prodotto, non solo in Italia ma in Europa, più economia e più posti di lavoro. Chiudersi gli occhi davanti a questo fatto reale significherebbe condannare il nostro Paese a perdere una fetta importante dell’economia che può contribuire al suo rilancio nei prossimi anni.

Ragionando in termini finanziari, il valore complessivo dei vari sistemi di incentivazione messi in piedi per le fonti rinnovabili di energia ha raggiunto un costo superiore ai 12,5 miliardi di euro all’anno che sono posti a carico delle bollette.

Anche in questo caso, qualche cifra rende bene l’idea del potenziale da sfruttare entro il prossimo 2020: relativamente alla produzione termica da rinnovabili c’è spazio per raddoppiarla rispetto al dato del 2010 (da 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio a 10 milioni); con l’efficienza energetica possiamo arrivare a generare risparmi per circa 15 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio rispetto ai consumi tendenziali, quindi circa il doppio di quanto fatto sinora.

Da un punto di vista strategico, la strada da seguire è chiara: spingere sull’efficienza energetica, favorire lo sviluppo delle rinnovabili termiche e accompagnare la crescita delle rinnovabili elettriche bilanciando il mix delle fonti energetiche.

Il Governo si sta muovendo in questa direzione. Riguardo, in particolare, alla riqualificazione energetica degli edifici, il Governo si sta muovendo sul fronte degli immobili, sia pubblici che privati. Si sta provvedendo a restituire un ruolo esemplare all’efficientamento degli immobili pubblici. Infatti, con il recepimento della direttiva n. 27 del 2012 (luglio 2014) si è stabilito che da qui al 2020, ogni anno, dovrà essere ristrutturato almeno il 3 per cento della superficie coperta utile degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale e da essa occupati con dimensione superiore ai 500 metri quadrati. Dal 2015 questa soglia scende a 250 metri quadrati.

L’efficienza energetica è uno di quegli interventi che – come si usa dire in gergo – si paga da sé. Se riusciremo ad avviare interventi di efficienza energetica, in pochi anni recupereremo dai minori consumi quanto abbiamo speso per gli interventi realizzati. Questo è quanto è emerso con l’ecobonus: quando abbiamo introdotto l’ecobonus per le ristrutturazioni edilizie, abbiamo avuto introiti fiscali superiori agli incentivi dati. Per questo motivo, sarò un sostenitore del fatto di rendere stabile nel nostro sistema fiscale l’ecobonus anche per i prossimi anni.

 

Questo è l’indirizzo per la versione integrale del question time

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=hotresaula